Serata ventosa stasera qui nel Kansas, fredda quanto può esserlo un non-inverno, con le gemme degli arbusti già gonfie di speranze in fieri e l’erba giallastra ormai immortale, plastificata dai gas di scarico che drappeggiano mussole di diossina sull’asfalto.
Serata limpida stasera qui nel Kansas, una giornata di nebbia densa, grassa e soddisfatta come una gestante al nono mese, è stata messa a tacere dal vento gelido, che ha disvelato le stelle ed una luna coraggiosa e bellissima, un falcetto lucente che divide il cielo, una cerniera lampo che avrei voglia di far scorrere per svestire la notte della sua realtà.
Serata solitaria stasera qui nel Kansas, i minuti scorrono piano come un torrente assetato di pioggia, che mostra la spina dorsale contorta, punteggiata di ernie sassose e girini stremati dalla siccità.
Serata nuda stasera qui nel Kansas, le buone maniere, logorate dal lungo uso ma ancora comode da indossare, sono rimaste ad impolverarsi sullo zerbino mentre intorno alla candela, che illumina il quaderno dei miei pensieri, indugiano farfalle perplesse dai dentini peccaminosi, che fanno a brandelli la fiducia e si infilano nelle orecchie a modulare filastrocche di dubbi.
Serata di silenzio qui nel Kansas, una pellicola trasparente sigilla gli spiragli ed avvolge i rumori per meglio preservarli dalla muffa dell’esistenza, una bolla morbida e confortevole che consente di ammirare il vuoto che scorgo aleggiare intorno.
Ho passato più volte le dita a pettine tra i capelli, per scrollare via anche l’ultimo dei buongiorno rimasti intrappolati; con la pinzetta ho staccato i sorrisi tenaci aggrappati alle ciglia; con forbicine da ricamo ho tagliato gli angoli degli occhi, per aprirli e far entrare a fondo una verità che dilata le pupille in pozzi scuri.
Ora imbevo di struccante l’ovatta, accarezzo con dolcezza i contorni del viso annullando i confini della coscienza, cancello le labbra disegnate e distacco la maschera dagli zigomi con un colpo secco.
Svestita infine di me, soffio sulla candela e accolgo il buio.